Durante questi primi giorni a bordo su Olga, e nella prima uscita, ci siamo resi conto di quanti lavoretti ci siano da fare.
Stiamo stilando una lista (lo so, è una mia mania ma trovo che aiutino molto, voi no?) che si allunga ogni giorno.
In alcuni casi si tratta di migliorie; per esempio il tavolo che abbiamo in dinette è sovradimensionato: è fatto per ospitare sei commensali, quante sono le possibili persone che possono vivere su Olga, ma noi siamo quasi sempre in due e questo tavolone ci limita molto nei movimenti sottocoperta, per cui stiamo studiando se e come ridurlo o se acquistarne uno nuovo, con le funzionalità che vorremmo.
In altri casi si tratta di vere e proprie riparazioni, come il telo (lazy bag) che copre la vela della randa: è strappato in più punti che richiedono di essere ricuciti e la zip è da sistemare.
Ma questa settimana avevamo voglia di ripartire perché la sensazione di essere per mare è come una droga (e penso alla mia voglia di cioccolata), continui a pensarci e non sei contento fino a quando non la riprovi.
Così abbiamo fatto solo un po’ di pulizie di fino: tolti tutti i residui di muffa all’interno, nei posti meno aerati, tolte tutte le macchie di ruggine dalla coperta e dalla battagliola, pulite tutte le parti metalliche e lucidato la coperta…ma ci sarebbero anche da rifare le parti in teak…
In verità non siamo proprio degli stakanovisti e, se metà della giornata la trascorrevamo a pulire, riparare, sistemare, l’altra metà la passavamo comunque in giro.
Poiché sono affascinata dalle torri genovesi della Corsica
il Capitano mi ha portato a vedere quel che rimane di quella di Porto Pollo:
distrutta durante l’ultima guerra,
completamente rivestita dalla vegetazione,
è impossibile vederne i resti, se non sai dove andare a cercare.
E poi siamo andati a vedere le micro spiaggette a nord del porto, sono celate e raggiungibili con un piccolo sentiero che corre lungo la costa e che passa accanto a residenze invidiabili.
Quando il meteo è diventato favorevole, siamo ripartiti con Olga, questa volta direzione Sud.
A SUD DI PORTO POLLO
PORTO POLLO – BONIFACIO 32 miglia, a vela
Abbiamo navigato un po’ al largo, perché avevamo molte miglia da percorrere e stando troppo sotto costa avremmo ulteriormente allungato il percorso.
Qui la costa è a tratti rocciosa, ma sempre verdeggiante perché ricoperta da una vegetazione ostinata, e a tratti si aprono delle spiagge, alcune ampissime, altre lillipuziane: il Capitano me le fa vedere tutte, chiamandole con il loro vero nome in corso e come i francesi le hanno rinominate. Conosce questi luoghi come le sue tasche (no, meglio!, in tasca dimentica sempre le chiavi dell’auto) e mi fa da perfetto Cicerone.
Ad un certo punto della navigazione le rocce che vediamo non sono più colorate di scuro, ma perfettamente bianche. Si sta arrivando a Bonifacio.
Tutta questa scogliera è affascinante,
impossibile non restare incantati davanti a tanta bellezza: le sue falesie immacolate che si specchiano nel mare colorato di infinite sfumature di verde e azzurri, pareti naturali che si stagliano contro un cielo blu intenso, abbaglianti nel loro candore, non possono che lasciare attoniti.
Poco prima di entrare nel porto di Bonifacio abbiamo fatto una deviazione e siamo entrati in una piccola baietta dove si potrebbe girare un film sul paradiso terrestre.Siamo stati incerti se fermarci per la notte ma poi abbiamo preferito andare in porto, perché è sempre magico: l’ingresso è celato sino all’ultimo, riconoscibile solo dal fanale rosso di punta La Madonnetta, e il passaggio si apre lentamente, e solo da molto vicino, al navigante che poi percorre questo lunghissimo corridoio, circondato dalle pareti del fiordo, fino ad arrivare al porto da dove si scorge la vecchia cittadella, arroccata.
Non ci siamo fatti mancare la passeggiata lungo le mura e per i vicoletti, perchè anche se è l’ennesima volta che vieni a Bonifacio non riesci a resistere, e vieni a vedere questo spettacolo dall’alto.
BONIFACIO – ISOLE LAVEZZI – 7 miglia – CALA DI ROCCAPINA – 18 miglia – a motore
Al mattino siamo partiti presto per passare la mattinata alle Isole Lavezzi, anche detti gli scogli di Lavezzi perchè qui il mare è disseminato da un numeroso gruppo di scogli, alcuni dei quali solo appena affioranti, causa spesso nella storia di naufragi e dell’attuale pessima reputazione delle bocche di Bonifacio.
Tutte queste isolette fanno parte della Réserve naturelle des Bouche de Bonifazio, ed in effetti si capisce come si voglia preservare questo mare, la sua flora e la sua fauna, ed infatti è proibita la caccia subacquea ed ogni altra forma di pesca o cattura.
Ora vi racconto cosa abbiamo avuto la fortuna di vedere noi, forse anche grazie alla pandemia.
Abbiamo gettato l’ancora nelle acque verdi, trasparenti e cristalline della caletta della Chiesa.
Con la nostra canoa gonfiabile, che è il nostro tender, siamo scesi a terra, in spiaggia e ci siamo avviati al piccolo cimitero dei morti del naufragio della Semillante, la grande fregata che nel 1855 si schiantò su questi scogli durante una delle più terribili tempeste mai viste.
Abbiamo poi deciso di proseguire sino al cimitero posto dall’altro lato dell’isolotto: c’è un piccolissimo sentiero che rimane visibile grazie al continuo passaggio dei turisti che qui, nella stagione estiva si riversano per ammirare l’incanto di questa natura selvaggia.
Ad un certo punto, dopo aver preso una deviazione dal sentiero principale ci siamo trovati senza più stradina da percorrere: senza l’uomo (rinchiuso in casa dai lockdown) la natura ha fatto in fretta a riprendersi i suoi spazi, e la stradina era scomparsa! Abbiamo comunque proseguito, seguendo la direzione giusta. Improvvisamente abbiamo cominciato a sentire le urla di avvertimento dei moltissimi gabbiani, incontestabili padroni del luogo. Alcuni di loro hanno cominciato a volarci molto da vicino, sempre strillando, sempre più vicini. Molto intimoriti, abbiamo comunque deciso di procedere, che la mèta pareva vicina.
Siamo quasi stati attaccati da un gabbiano e ben presto ne abbiamo scoperto la ragione: siamo capitati nel luogo dove avevano nidificato; ci siamo imbattuti in tre nidi, con tre uova a testa; nel secondo nido le tre uova hanno già le crepe e sono rotte in alcuni punti e nel terzo,
oh! nel terzo si erano appena schiuse due delle tre uova e dei piccolissi, piumosissimi, pulcini grigi avevano appena iniziato la loro vita!
Molto mestamente, per aver incautamente fatto temere ai poveri gabbiani per la sorte dei loro cuccioli, siamo finalmente arrivati all’altro cimitero a memoria delle vittime della Sèmillante, dal quale siamo ritornati sul sentiero più battuto e abbiamo preso la strada del ritorno.
Ma la natura non aveva ancora finito di stupirci.
La vegetazione è incredibile:
sorgono fiori ovunque, tra la sabbia e le rocce,
e delle varietà le più spettacolari,
minuscoli o giganti.
Comunque ritorniamo su Olga e comincio a preparare la solita insalata per pranzo quando un gabbiano ammara accanto a noi e comincia a chiamarmi.
Grata per non averci attaccati poco prima gli lancio del pane.
Il gabbiano prende il pane nel becco, ma non lo mangia. Si limita a pucciarlo nel mare.
Stupiti dal gesto ci chiediamo la ragione delle sue azioni fino a quando appaiono da sotto il pelo dell’acqua numerosissime occhiate e lui si tuffa deciso e preciso e ne emerge con un pesce grande quasi quanto lui.
Non riesce nemmeno a tirarlo fuori completamente dall’acqua, lo tiene per la testa e dopo qualche interminabile minuto il pesce smette di dibattersi.
L’uccello non riesce ad alzarsi in volo tanto è pesante la sua preda, quindi nuotando con le zampe arriva sino ad un piccolo scoglio appena affiorante e si mangia felice il suo pasto. La sua intelligenza e lungimiranza ci hanno veramente colpito!
Mangiamo, rimettiamo in moto, e ritorniamo verso Bonifacio, ritroviamo la Corsica segnalata dal faro di Capo Pertusato e risaliamo la costa per andare a dormire sotto la protezione del Leone di Roccapina.
Ci addormentiamo nel silenzio quasi assoluto: la spiaggia è deserta, il mare liscio, trasparente, immobile e una luna immensa sopra di noi.
ROCCAPINA – PORTO POLLO – 20 miglia, a motore
Al mattino ci siamo inerpicati fino alla torre. Sì, sta diventando un’ossessione.
Dalla cima, sfiniti dalla camminata impervia, godiamo di uno spettacolo stupendo: il mare e le due spiagge, a destra e a sinistra del capo, potrebbero tranquillamente trovarsi ai Caraibi, o in uno di quei posti che vengono nominati quando si vuole indicare un posto di mare da cartolina.
Scendiamo, e a motore ripartiamo. Smettiamo di guardare la costa parlando tra noi sino a quando: meraviglia!
Un gruppo di delfini incrocia la nostra rotta. Il Capitano spegne immediatamente il sonar, la strumentazione, per non disturbarli, e il motore. Rimaniamo ad ammirarli mentre si allontanano, forse c’è con loro un cucciolo, o uno più giocherellone che continua a saltar fuori e a giocare con le onde.
Commossi, aspettiamo di perderli di vista per riaccendere il motore e tornare a casa. Domani le previsioni danno brutto tempo.
Ma oggi ci sentiamo sereni e grati a questa Terra che tanto ha di magnifico; grati di quanto in questi giorni ci sia stata data l’opportunità di goderne appieno e per avere avuto occasioni incredibili di scoprirne qualche mistero, come quello della nascita.
2 comments
Che fortuna avere la possibilità di godere di tanta meravigliosa natura!! E grazie di condividere tutta questa bellezza con chi può solo ammirare tramite i vostri occhi, per il momento 😉 😍
Dici bene! per il momento….conto sempre che tu possa venire!