Prima guerra mondiale: ci troviamo in un paesino sulle montagne del Friuli, lungo il confine con il nemico, l’austriaco.
Non ci sono uomini in paese: sono arruolati, e muoiono lontano da casa.
Le donne continuano ad occuparsi delle proprie case, dei genitori anziani e malati e dei figli, e degli animali che sopravvivono ai bombardamenti e alla fame. Fino a quando non viene chiesto loro un ulteriore sacrificio.
Sui monti i soldati combattono e muoiono a causa delle ferite ma anche per il freddo, la mancanza di cibo e di medicine. E siccome sono accampati sulla roccia, sepolti dalla neve, in luoghi impervi e non accessibili, così alle donne viene chiesto di scalare quei ripidi pendii scivolosi, insidiosi, pericolosi per la loro natura e per i cecchini austriaci, che sono appostati dove meno te lo aspetti.
A loro viene chiesto di lasciare a casa i genitori malati, i figli anche molto piccoli, per prestare aiuto agli uomini che combattono in trincea.
E loro accettano: figlie di una terra poco generosa che le aveva cresciute a furia di sacrifici.
Queste donne sono le “Portatrici”, donne dei paesini del nord ovest del Friul, che hanno portato nelle loro gerle, sulle loro spalle, tutti i rifornimenti che servivano in cima alle montagne carniche, comprese armi e munizioni che avrebbero potuto esplodere in ogni momento e ucciderle. Si caricavano sulle loro schiene di donne, alcune delle quali ancora bambine, queste pesanti ceste piene oltre ogni misura per trasportare tutto ciò che rappresentava la possibilità di farcela per coloro che erano al fronte.
Questo libro è il racconto delle loro eroiche imprese.
Ed è un racconto carico di speranza, nonostante il dramma, perchè il sacrificio viene vissuto come un’opportunità di salvezza.
Questa narrazione ci fa conoscere uno spirito di corpo tra donne disperate ma incrollabili, ci trasmette i valori unici dei legami di amicizia che rendono anche le gesta più dure tollerabili.
La Storia, vera, di queste donne, si intreccia nella trama con quella, inventata, della storia d’amore della protagonista: una giovane ragazza che stimiamo da subito, e per lei facciamo il tifo per tutto il racconto. Anche quando va controcorrente, quando imbraccia un fucile, quando è costretta a sparare.
Ho amato questo libro perchè racconta di scelte difficili, e dolorose, come spesso sono quelle di alcune donne; parla di supporto tra compagne, quando spesso la società ci dipinge nemiche di noi stesse.
La lettura è scorrevole ma i sentimenti che suscita sono tanto intensi che ci sono stati momenti in cui mi dovevo fermare per respirare, per prendere fiato di fronte a situazioni enormi, che nessuno di noi si auspica di dover vivere mai.
Andavo avanti in fretta per saper cosa ne sarebbe stato di queste figure femminili; se tutte sarebbero riuscite ad uscire incolumi da quegli avvenimenti bellicosi, e anche dalle insidie che devono affrontare tutte le donne sole del mondo, in ogni epoca. Poi tornavo indietro a rileggere, a cogliere i dettagli di un passato che sembra lontano anni luce dalla mia realtà, per capire la forza di chi ci ha preceduto, di chi mette in gioco la stessa propria vita per qualcosa che crede che debba essere fatto.
La Storia ci dona sempre l’occasione di riflettere. E per una volta si tratta di una storia scritta non dagli uomini, non dai vincitori, che non si curano di chi era dall’altra parte. Questo libro ci dà l’opportunità di immedesimarci nelle storie di queste donne, di soffrire con loro e sentirci, come dice Agata (la protagonista): “Libera da questa guerra, che altri hanno deciso per noi. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto attorno a me era morte, io ho scelto la speranza”
I fiori di roccia sono le stelle alpine, il simbolo della tenacia della natura, anche della natura dell’Umanità, della forza della Speranza, della Fiducia (negli altri e in Dio), dell’Amore e dell’Amicizia.