Una delle gattine selvatiche che ci ha adottato durante lo scorso inverno, questa primavera ha cominciato ad ingrassare in modo non equivoco: era incinta.
Progressivamente la sua pancina è diventata sempre più grande.
Sulla piccola terrazza davanti all’ingresso della casetta a Serra di Ferro, in Corsica, abbiamo allestito una cuccia: all’interno di un trasportino il Capitano ha adagiato una delle copertine dei nostri gatti. E abbiamo atteso.
Ai primi di maggio la gattina ha messo al mondo quattro cuccioli, che per un tempo che mi è parso eterno sono rimasti sul fondo del trasportino.
Per me è la prima cucciolata di micini a cui ho mai assistito, e quindi ogni cosa è stata una scoperta.
Per esempio: mamma gatta sta quasi tutto il tempo accanto ai suoi cuccioli. Si allontana solo per fare i suoi bisogni e soprattutto per mangiare. Se noi hoomani mangiamo un po’ di più in gravidanza e allattamento, lei mangiava moooolto di più. Chiedeva in continuazione e, appena le riempivamo una ciotola, accorreva a mangiare. Mangiare era diventato così fondamentale che si è fatta anche avvicinare ed accarezzare, quando era intenta a ingozzarsi di cibo.
Ogni volta che rientrava nel trasportino, leccava con costanza e determinazione tutti e quattro i piccoli che miagolavano a squarciagola. La cosa che mi ha meravigliato è che sono assolutamente silenziosi quando la mamma li lascia soli e miagolano fortissimo quando lei torna.
Forse il silenzio assoluto è il modo che la Natura dona loro per proteggerli da eventuali predatori, ma mi ha dato da pensare a quanto sia diverso l’atteggiamento dei nostri neonati che, al contrario, piangono per richiamarci.
Una mattina li abbiamo trovati fuori dal trasportino, si reggevano a stento sulle gambe ma tentavano i primi approcci al mondo esterno, e tra di loro.
Pian pianino hanno incominciato a lasciare lo spazio della loro cuccia e a muovere i primi passi.
Non so quanto tempo sono rimasta seduta in terra ad osservare i piccoli successi di ogni giorno,
ammirando la velocità dei loro progressi:
un giorno sono immobili con gli occhi chiusi
e venti giorni dopo cercano già di farsi strada nel mondo esterno!
Io poi sono tornata a Milano, ad occuparmi della mia cucciola, in sessione estiva esami, e i quatto micini hanno imparato a superare i primi ostacoli.
All’inizio sono scoordinati e incapaci di salire anche sul più piccolo gradino.
Mi ricordo ancora quando Simbad non riusciva ad arrampicarsi sui gradini della barca a vela!
Eppure compiono progressi quotidianamente, e in un lasso di tempo effettivamente molto breve hanno cominciato ad esplorare la terrazza, a salire sugli ostacoli, a giocare tra loro, facendo la lotta. Ogni cosa è un gioco nuovo, un’occasione per scoprire, crescere, diventare adulti.
Se ci pensiamo, i cuccioli di uomo compiono gli stessi progressi in almeno un anno di vita.
Loro in dieci giorni sono già usciti dalla loro confort zone per scoprire il mondo.
Ai primi di luglio i gattini saranno adottabili ed il Capitano ha già messo in giro la voce, sperando che qualcuno si voglia occupare di loro.
Non vorremmo che la mamma, come è comparsa da un giorno all’altro, scompaia portandoseli dietro; ma d’altro canto non vorremmo farci carico di altri cinque gatti: in fondo noi ne abbiamo già tre nostri e qualche randagio che per periodi più o meno lunghi, ci adottano. Poi scompaiono, qualcuno per tornare saltuariamente, qualcun altro per non tornare più e per questi ultimi ci struggiamo, non sapendo se hanno trovato una famiglia che li accudisca, o una fine sulla strada o nelle sgrinfie di qualche predatore.
Sono due maschietti e due femminucce.
Una femmina ha già trovato casa, ahimè la preferita del Capitano, che è però ben lieto di affidarla a qualcuno che se ne occuperà e le vorrà bene.
Per il momento loro non sanno nulla del loro futuro, imparano ad arrampicarsi e giocano felici, come non ci sia un domani, appunto.
Io sono molto incerta: vorrei portarne due a Milano, un maschietto e una femminuccia.
Lei l’ho già scelta; è la più piccola della cucciolata, ma tenace ed arguta. L’ho adorata da subito. Le ho già scelto il nome. Incomincia con la lettera “T”, perchè da tradizione francese ad ogni anno corrisponde una lettera dell’alfabeta che deve essere la prima del nome. Così la “mia” piccina l’ho chiamata Tricky, perchè ha una scaltrezza che le ammiro molto.
Li vorrei portare a Milano a fine estate, ma vedremo. Soprattutto devo fare i conti con Oliver, il mio vecchio cane che non credo sarà ben disposto ad accogliere altri quattro zampe sul “suo” divano. Così fra qualche giorno Oliver ed io ci imbarcheremo verso l’Isola della Bellezza, e passeremo la nostra estate in giardino, condividendo lo spazio con gli altri gatti e i nuuovi venuti. Lui che l’anno scorso non degnava i felini di uno sguardo, magari si lascerà intenerire dai piccoli: ne dubito, ma la speranza è l’ultima a morire!