Questa settimana ho fatto la seconda dose del vaccino contro il Covid-19
Ho avuto la fortuna di riuscire a farle entrambe in Corsica, appena me ne hanno dato l’opportunità: ben prima di quando sarei riuscita a farlo nella mia regione italiana, la Lombardia. Inoltre in Corsica non avevo alternativa: potevo essere vaccinata, ma solo con il Pfizer, e mi è sembrata un’ulteriore fortuna, visto che nei confronti degli altri vaccini avevo qualche riserva, dovute in grandissima parte alla campagna di disinformazione e estremamente allarmistica sulla campagna vaccinale, in generale.
Questa epidemia, e tutto ciò che le ruota intorno, dal suo esordio, più di un anno fa!, è stata un crescendo di informazioni false, manipolate o, nel migliore dei casi, molto incerte, dubbiose e fumose.
Per quel che mi riguarda, e per molte persone con cui mi sono confrontata, tutto ciò è stato un continuo generare e alimentare false speranze, ansie e paure. Ho visto amici e amiche equilibratissimi perdere il lume della ragione, doversi confrontare con la morte e i problemi di salute prima di quanto sia statisticamente normale.
Ho assistito a discussioni assurde e kafkiane tra gli schieramenti opposti e agguerriti che questo mostriciattolo ha formato: è un “virus mortale” contro una “banale influenza”; mascherina sì contro mascherina no; “tutti in casa” contro la “libertà di uscire”; a scuola sì contro a scuola no; lavorare da casa contro lavorare in ufficio; vaccino sì contro vaccino no. “E se fosse tutto un complotto?”
Dopo aver perso la serenità, è venuta meno la lucidità, soprattutto di alcuni ragionamenti direi.
In questa situazione io ho comunque continuato a viaggiare spesso, (e neppure sempre e quando avrei voluto, restando tre infiniti mesi separata da colui che amo) per poter fare la mia vita che attualmente si svolge parallela tra la Corsica e Milano.
Ad ogni spostamento, sono seguiti giorni di autoisolamento, e di molta attenzione nei confronti di mio padre da una parte, e della mamma del Capitano dall’altra. Ho vissuto, non da sola certo (ma non condivido il detto “mal comune mezzo gaudio”) in continua balia dell’ansia di poter essere infettata, di potermi ammalare (e con chissà quali conseguenze) e di poter essere il veicolo di trasmissione del virus per tutti i miei cari, più o meno fragili.
Ho speso una cifra cospicua in tamponi, rapidi, antigenici e molecolari, perchè se in Francia il test rapido è gratuito il PCR non lo è e in Italia sono tutti a pagamento, con cifre da libero mercato, assurde e sempre molto alte (da un minimo di 50 euro ad un massimo di 120, a seconda dei tempi che mi servivano per averne l’esito).
Ed ogni volta non si è mai sicuri del risultato, sarò positiva e asintomatica, o negativa? sì perchè non sono mai stata male, ma a quanto sappiamo ciò è ben lungi dall’essere sinonimo di salute, per quanto riguarda il coronavirus.
Quindi dopo 10/15 minuti o 24/48 ore arriva il responso. Tranne una volta (qui il racconto), è andato tutto bene. Ma che ansia!
Ho vissuto quindi la notizia che potevo accedere al vaccino come la liberazione, la libertà da obblighi e soprattutto una forte aspettativa di serenità.
Dopo aver ricevuto la seconda dose, ero felice; contenta di lasciarmi tutto questo alle spalle. Certo, i giorni successivi c’è un po’ di malessere ma è stato un prezzo non troppo caro per la ritrovata libertà.
E comunque chissà chi ha o ha avuto ragione. “Ai posteri l’ardua sentenza”.