La fase delle liste dei buoni propositi è terminata, ed è iniziata quella in cui bisogna metterli in pratica.
E’ quindi arrivato il momento di smettere di pensare a cosa posso migliorare e fattivamente iniziare a lavorarci su.
Praticamente è arrivato il fatidico lunedì “in cui incomincio la dieta”.
Dopo i primi inizi già la mia testa tende ad elaborare pensieri contorti che rischiano di farmi andare in loop.
Alle volte penso di amare così tanto il mare anche perchè il mio cervello deve essere pieno di onde che tornano ad infrangersi sulle stesse rocce, in continuazione, senza sosta; alle volte leggermente con un piccolo sbuffino bianco e spumoso, alle volte con fragore e in modo assordante.
Le onde nella mia testa seguono un flusso di pensieri e ripetutamente, nel corso delle giornate vi fanno ritorno, inconsapevolmente.
E anche disturbandomi dal mio operare, se debbo essere sincera.
E così mi perdo a seguire l’onda della mia riflessione che non giunge alla sua fine nè alla sua completa elaborazione.
Il turbinio che si accalca tra le mie sinapsi in questi giorni è relativo all’idea che ci è stato insegnato a tendere alla perfezione, ma questo rischia sovente di bloccarci più che farci lavorare per migliorare.
Per fare degli esempi concreti ritagliati dalla realtà: scrivo un articolo e cerco le fotografie per accompagnarlo. Seguo tutte le indicazioni che ho imparato nei vari corsi di scrittura: rileggo, rileggo ad alta voce, lascio decantare dentro di me, lo riprendo, lo correggo e, no non lo pubblico, perchè non mi convince mai. Inutile che io mi ripeta che intanto non sto scrivendo la “Divina Commedia” e che pertanto è accettabile quello che ho scritto: non ne sono mai pienamente soddisfatta e tendo a ritoccarlo infinite volte.
Per non parlare della scelta delle foto! Quando ho trovato il soggetto ideale per rappresentare il concetto che ho espresso, non mi piace la luce, non mi convincono i colori, insomma continuo a vagliare numerosissimi scatti alla ricerca dell’ideale: dello scatto perfetto.
Eppure so che i temi veloci della nostra società mi richiedono di non posticipare, non rimandare ad oltranza perchè si è già subito obsoleti, o per lo meno indietro sui tempi.
Guardo mio figlio cucinare.
E’ bravissimo, ma forse i miei geni e il suo essere ingegnere lo fanno incappare nello stesso problema: il confronto con la ricetta perfetta.
Cerca le spezie migliori, la cottura lentissima, ogni ingrediente è esaltato da preparazioni laboriosissime e così un condimento per un piatto di pasta è pronto in non meno di un paio d’ore. Il risultato finale è fantastico, ma mi chiedo se è valsa la pena di metterci tutto quel tempo.
Ma soprattutto mi rendo conto che non può cucinare tutti i giorni, per tutti i pasti, ha anche una vita da vivere ed un lavoro da portare avanti.
Quanto questa ricerca ossessiva della perfezione in realtà non finisce per tarparci le ali e limitarci nelle cose che vogliamo fare?
Mi risuona l’insegnamento “è meglio fare poche cose ma fatte bene”. Mi chiedo se sia ancora valido oggigiorno: intendiamoci non mi piacciono certo le cose raffazzonate, ma forse dobbiamo sempre tendere ad una soluzione come ci insegnavano i latini: “in medio stat virtus”.
Ripenso a quando ero bambina e a quando, verso la fine delle vacanze estive, mio padre decideva essere arrivato il momento di fare le fotografie. Instagrammer, prima che venissero inventati i social, mio padre sceglieva con cura maniacale come dovessimo essere vestiti, le location ottimali e le ore in cui la luce gli avrebbe permesso di ottenere la foto ideale. Ci metteva in posa, ci dava indicazioni sullo sguardo da fare e gli atteggiamenti da assumere. Riguardo la foto qui accanto: mia nonna ed io siamo vestite con la stessa nuance di colori, e i miei due cugini pure. L’insieme che ne risulta è molto armonioso ma mi chiedo quanto ci sia stato dietro?, per fortuna ero così piccola che ora non me lo ricordo; ma di tante altre foto ricordo ancora l’ansia che le precedeva e le interminabili preparazioni.
Ho dei ricordi rabbiosi di alcuni di quei momenti: infiniti, quando avrei voluto godermi gli ultimi sprazzi di vacanza e gli amichetti di quella stagione. Inoltre alcune delle foto non hanno affatto sortito l’effetto desiderato da mio padre perchè ci metteva tantissimo tempo a decidersi a scattare e succedeva che nell’attimo che lui finalmente riteneva essere perfetto, qualcuno avessimo perso la posizione e soprattutto il sorriso, o assunto un’aria infastidita.
Abbiamo quindi foto realistiche ma assolutamente lontane dalla perfezione tanto agognata, e che non lasciavano contenti nè noi soggetti nè mio papà.
C’è una foto mia, di bambina, in cui ho i lacrimoni. Ho in braccio il mio grande orso di peluche ma io non sono felice e non sorrido, a causa dell’ennesimo rimbrotto di mio padre sulla posizione che avrei dovuto mantenere e che proprio non mi riusciva!
Forse la risposta mi viene, ancora una volta, dal mare, o meglio dalla vita sul mare. Ci sono imbarcazioni che restano troppo spesso in porto perchè i suoi marinai attendono la condizione perfetta: la giusta combinazione di mare e venti per una navigazione sicura e con la massima efficienza. Invece bisognerebbe prendere il mare appena possibile perchè altrimenti non solo così migliorerai le tue capacità, confrontandoti con situazioni diverse, ma non avrai tante opportunità per scoprire, vedere, meravigliarti, vivere.
Quindi oggi lo so, che l’assurda pretesa di essere perfetta, di trovare la cosa perfetta, è una tale assurdità perchè rischia di tenermi bloccata in una situazione, invece di seguire la Vita e di scoprire che cosa essa ha in serbo per me.