Le dimensioni della violenza contro le donne sembrano essere quelle di un pozzo nero, così profondo da non poterne nè vedere nè intuire la fine.
Ieri è stata la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Leggere tutti gli articoli, i post sui social, le interviste e tutto il resto è stato per me molto forte.
Ad un certo punto una frase mi ha paralizzata: una donna su tre nel mondo subisce violenza fisica o sessuale. Ho pensato, tre donne: per esempio io, mia figlia ed una delle nostre amiche.
Ho ripensato ai miei cinquant’anni e a quanto ho subito.
Io mi ritengo fortunata perchè in fondo mi è “solo” stato detto cosa fare, con chi andare, come svolgere un lavoro, come vestirmi, che ero ingrassata troppo o ero troppo magra.
Sui luoghi di lavoro sono sempre stata chiamata Monica, mai dottoressa Farina, nonostante la sudata laurea; in riunione è a me che ci si rivolgeva per portare il caffè a tutti o per fare le fotocopie per chi non aveva portato la presentazione; i miei capi sono il perfetto esempio di cosa sia il mansplaining.
Non ho avuto la fortuna di avere un unico grande amore per tutta la mia vita, sulla mia strada ho incontrato uomini meravigliosi e altri che non lo sono stati affatto.
E ogni volta, al lavoro o nel privato, mi sono chiesta che cosa avevo fatto di sbagliato per essere in quelle situazioni.
Io.
Riflettevo su cosa avrei dovuto cambiare di me stessa, su cosa potevo lavorare dei miei modi di essere perché certe situazioni non avessero a ripetersi.
Non ho mai pensato di non esserne io la causa.
Ora so che non è così.
Sogno un mondo in cui la responsabilità delle parole e delle azioni ricadano su chi le ha compiute e dette, un mondo in cui nessuna donna debba autocolpevolizzarsi per le colpe che non ha e in cui tutti gli uomini paghino per le loro di colpe, per i loro misfatti, la loro violenza, i loro soprusi, i loro reati.