Questa mattina, appena ho riacceso il cellulare, mi sono arrivati numerosi messaggi per farmi gli auguri per oggi, in quanto è la “Giornata della donna”.
Devo ammettere di non averli graditi, in principio perchè tendo ad associarla alle sue presunte origini, ovvero alla commemorazione di quelle donne che persero la vita in un incendio a New York nei primi anni del ‘900. E se la sua origine invece è legata alla manifestazione anti zarista da parte delle donne che, durante la prima guerra mondiale, sono entrate in fabbrica a occupare i posti degli uomini al fronte, non mi fa sentire meglio; se la donna infatti è messa in posizioni occupate da uomini a tutt’oggi deve fare più fatica, continuare a dimostrare agli altri, e a se stessa, di meritare quel posto e quasi sempre con una retribuzione inferiore. E contemporaneamente continuando a ricoprire il ruolo di angelo del focolare, insegnante di sostegno per i compiti a casa dei figli, figlia devota, moglie sempre presente e amante sempre disponibile.
Quindi oggi si festeggia l’ufficializzazione della “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne”. Scusate la mia mancanza di entusiasmo, ma sui posti di lavoro ho sempre avuto la sottile sensazione di non avere troppi diritti, e comunque ho sempre dovuto lottare affinchè mi fossero riconosciuti.
In Italia c’è l’usanza di regalare delle mimose; ho letto da qualche parte perchè è un fiore delicato ma resistente, come le donne. In verità sarei stufa anche di questa continua generalizzazione: conosco donne tenacissime, altre fragilissime, altre determinate, altre incerte, altre timorose e altre spavalde. Ognuna è semplicemente figlia della propria storia, del percorso che ha fatto, e soprattutto si è modellata sugli incontri che ha fatto, di come si sono comportati con lei coloro che sono stati sulla sua strada.
Qualcuna ha reagito benissimo, e qualche altra non ce l’ha fatta.
Mi chiedo proprio cosa ci sia da festeggiare, in tutto questo.
8 marzo
